SE NON ORA, QUANDO?

Il titolo, preso in prestito dall’opera di Primo Levi, non intende certo richiamare vicende drammatiche come quelle narrate nel libro.
Non vuole neanche essere, questo voglio chiarirlo subito, una sorta di sollecitazione rispetto a decisioni che spettano alla Politica.
Si discute molto in questi giorni, infatti, sulla ripresa delle varie attività, ferme a causa della pandemia causata dal virus Covid 19. Tra queste attività ci sono, ovviamente, anche quelle relative all’offerta di gioco pubblico. E quindi anche da questo settore arrivano continue e ripetute sollecitazioni affinché si accelerino i tempi per la riapertura delle attività.
Ebbene ritengo che sul “quando, come e dove” si debba lasciare a chi governa lo Stato e le autonomie locali, ciascuno per la parte di propria competenza, il compito di decidere, dopo aver ascoltato le indicazioni fornite dagli esperti.
E’ importante, soprattutto in questa fase, che ciò avvenga “di concerto”, senza fughe in avanti, senza decisioni prese soltanto come conseguenza di contrasti di natura partitica; tutti, ed in primo luogo coloro che hanno responsabilità pubbliche, debbono tenere bene a mente che la Costituzione sancisce, all’articolo 32, che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Ma arrivano richieste e sollecitazioni anche da chi sostiene che “I giochi e l’azzardo dovrebbero riaprire – se non possiamo chiuderli per sempre – come ultima attività del Paese”.
Ma veramente si può credere che “chiudendo per sempre” il gioco legale si risolverebbe – come qualcuno ha scritto – quella “epidemia sociale che coinvolge soprattutto le persone più fragili?
Se così fosse (lascerei da parte il termine epidemia) sarebbe sufficiente, visto che il gioco pubblico è gestito con concessione dello Stato, una legge – e saremmo in molti a sottoscriverla – ed il problema sarebbe risolto.
In realtà sappiamo bene che con una norma, con una legge, si potrebbe eliminare il gioco legale, ma non si potrebbero eliminare certo i giocatori; giocatori che a quel punto sarebbero consegnati tutti al gioco illegale, con grave danno non solo per le casse dello Stato ma anche per gli stessi giocatori.
Dunque, non mi pare proprio il momento di proporre ricette inutili, anzi nocive; e soprattutto farlo in una situazione di grande difficoltà, come quella che stanno attraversando anche gli operatori del gioco legale.
Ma c’è qualcosa che oggi si potrebbe, anzi si dovrebbe fare: pensare al futuro; cioè predisporre un testo di legge, un codice del gioco pubblico.
Un testo che provveda a riordinare, riqualificare e ridurre tutta l’offerta di gioco pubblico, che ridetermini i sistemi di tassazione, riveda i meccanismi e le modalità dei controlli ed accentui il contrasto all’illegalità.
Una serie di norme che consentano di affrontare adeguatamente il problema della dipendenza da gioco, attraverso una seria attività di prevenzione e di supporto ai servizi, incrementando anche le risorse a disposizione.
In più di una occasione ho sottolineato la necessità di un consistente aumento dello stanziamento, prelevando risorse dalle entrate provenienti dal settore del gioco. Un incremento da destinare, in parte, alla prevenzione e cura delle dipendenze in senso lato, considerato che gli operatori si trovano spesso di fronte a casi di comorbilità. Quindi maggiori fondi per un intervento integrato sulle dipendenze. L’altra porzione di risorse da destinare direttamente ai Comuni.
Andrebbe assegnata immediatamente la delega ai giochi, cosa che a distanza di otto mesi dall’insediamento del Governo non è stata ancora fatta, e poi attivato subito il confronto con le autonomie locali e con gli operatori del settore.
Il testo base da cui partire potrebbe essere costituito dalla proposta di legge Mirabelli, un vero e proprio codice del gioco pubblico che affronta, con i suoi 103 articoli, tutta la materia.
Così, accanto a chi studia ed elabora disposizioni, cioè lavora per una graduale ripartenza occupandosi del presente, avremmo chi si occupa di dare certezze e quindi un futuro.
Questo è quanto occorre, questo è quanto serve, e bisogna farlo … Se non ora, quando?